lunedì 1 settembre 2014

CIAO FAUSTO.

A me stare ad ascoltare o leggere Bertinotti è sempre piaciuto, come Mario Capanna del resto, che è stato uno dei riferimenti più importanti della mia giovinezza. Ho sempre avuto la sensazione di averne bisogno di persone come Bertinotti nel mio orizzonte culturale, ho sempre pensato che lui fosse uno di quelli che mi spiegava in mondo, un uomo in grado di leggere i fatti e le contemporaneità alla luce della storia e della cultura. Uno che mi diceva delle cose che io da solo non ero in grado di capire fino in fondo e anche per questo per un certo periodo della mia vita io l'ho anche votato. Con convinzione. Con fiducia. Poi uno che mentre dialoga e struttura i suoi pensieri ha la lucidità e coraggio sufficiente per iniziare le frasi dicendo "Io penso" è senza dubbio un uomo in gamba, almeno secondo me.

Poi a un certo punto ho avuto la sensazione che cominciasse un po' a vacillare, mi spiego: non l'uomo, di cui ho sempre conservato e conservo grande stima, quanto le sue convinzioni. A un certo punto ho avuto la sensazione che certe convinzioni, certe visioni si avvitassero su se stesse e si impigliassero dall'interno in una serie irrazionale e illogica di certezze che mi pareva, mi pare, fossero andate via per la tangente. I conti cominciavano a non tornarmi e avevo la sensazione di pensare più da sostenitore di partito che da uomo libero. E' da quel momento grossomodo che ho anche smesso di comprare Il manifesto che voglio precisare, non era l'unico giornale che leggevo.

Da un certo punto in avanti leggere il manifesto, quasi all'improvviso come in una epifania, mi risultava difficile, addirittura irritante, perché mi sembrava distante dalla realtà che io vivevo, distante dal mondo. Distante dalla gente normale. Il giornale mi sembrava snob e intellettualoide, penso che lo fosse. Ma Fausto no, Fausto valeva sempre la pena di fermarsi ad ascoltarlo.

Una volta in uno di quei programmi che ti fanno delle domande imbarazzanti e un po' scemotte, credo che fossero Le Iene, chiesero a Bertinotti di spiegare la differenza tra una email e un sito internet. Una domanda semplice, elementare: spiegare la differenza tra un indirizzo che contiene un @ e uno che inizia con www. La risposta fu allucinante. Voglio dire, eravamo a metà degli anni '90, quella era l'epoca in cui si parlava continuamente e si tentava di comprendere cosa fosse la globalizzazione e si parlava di digital divide e di come avremmo dovuto immaginare e costruire concretamente il nostro futuro se lo volevamo libero. Bertinotti, l'uomo che avevo sentito maneggiare con fluidità e competenza temi giganteschi che avevano a che vedere con la libertà, con la cultura, con la storia, con la politica, con il sindacato, con il lavoro, con il futuro, con il vivere sociale, con la religione, con l'arte, con la filosofia, non era in grado di rispondere. Fu uno shock.

Diede una risposta imbarazzante, completamente insensata. Non sapeva spiegare la differenza.

Qualcosa da quel momento in avanti dentro di me si è ruppe, un po' come quando capita che hai a che fare con una donna di cui credi di essere innamorato, che pensi di amare e all'improvviso, perché è successo un fatto minimo e banale che però riassume la tua e la sua visione del mondo, non ne vuoi più sapere. Mentre la baci tieni gli occhi aperti e cominci ad avvertire nella sua bocca un sapore diverso a cui prima non facevi caso; i capelli sul collo hanno un modo di stare all'aria che non ti piace più; nel suo modo di ragionare, nel modo in cui ti guarda quella donna, in cui ti parla o ti ascolta o non ti ascolta, c'è qualcosa che non ti va più bene. Non lo tolleri più. Non lo trovi più accettabile o credibile. Pensi che lei non ti ama, o forse sì ma pensi anche che lei ama di più se stessa, più di te.

Forse il futuro di questo paese sarebbe stato un'altra cosa se noi anziché sopportare la tiritera delle frequenze televisive più o meno illegittimamente assegnate alle reti di Berlusconi e le chiacchiere e le prese di posizione intellettualoidi e snob e inconcludenti sul conflitto di interessi, avessimo costruito un sistema informatico in grado di bypassare lo strapotere mediatico della tv e di competerci alla pari, non tanto con le destre ma con il progresso e insomma, con un certo modo soltanto politico e partitico di pensare al mondo. La vera lungimiranza politica sarebbe stata quella di pensare all'individuo come unità fondamentale del mondo libero, anziché come consumatore. Perché è così che sono andate le cose. Conoscere il funzionamento e i potenziali della rete, oltre al resto, ci avrebbe aiutato.

Credo che la libertà, negli anni '90 in Italia, e la nostra crescita economica e sociale sia stata fortemente limitata dalla impossibilità di relazionarci e interagire in modo libero con il resto del mondo grazie all'utilizzo della rete. Tra la fine degli anni '80 e la fine dei '90 il mondo stava per subire una accelerazione, per affrontare un cambiamento che richiedeva per essere affrontato grande lucidità e lungimiranza e competenza. Grande prontezza. Il mondo in quei dieci anni è cambiato molto probabilmente più che nei dieci secoli precedenti. E tu, Fausto, quando quel giorno a quella domanda facile facile fu evidente che non sapevi rispondere, dicesti che non erano cose di cui ti occupavi, che non era il tuo campo. Che non era fondamentale saperla, la differenza tra un indirizzo email e uno web.

Non importa, ve bene così.

Le cose sono andate come sono andate e io, con disincanto, con maggior distacco, con lucidità, adesso che sono diventato grande e non leggo più il manifesto continuo ad apprezzare le cose che dici, la logica dei tuoi ragionamenti, la semplicità con cui sai leggere e ricostruire la storia contemporanea per renderla comprensibile. Continuo ad avere bisogno del tuo saper leggere e ricostruire e collocare i fatti, e prendo quello che dici per quello che mi può servire, per quello che posso rielaborare in altri ragionamenti miei, in altre visioni.

Non avevo mai sentito nessuno dire che le dimissioni di Papa Ratzinger fossero l'atto più rivoluzionario della nostra epoca, hai ragione. Non ci avevo mai pensato, non come hai fatto tu, come hai spiegato ieri. Dentro a quel gesto coraggioso si riassume una visione del mondo che forse noi non siamo ancora pronti ad affrontare. O forse lo siamo ma semplicemente, consciamente o inconsciamente non vogliamo. Il mondo ha bisogno di persone come te, Fausto.

Grazie per quello che hai detto ieri a Todi, è stata una boccata di ossigeno, qualcuno lo prenderà per un mea culpa il tuo, e forse lo è. Spero lo sia e anche, più o meno inconsciamente, spero che non lo sia. Spero soprattutto che non sia l'anticamera del desiderio di tornare di nuovo al centro della scena politica perché lo hai detto tu stesso: il tuo progetto - mettiemola così, il nostro, io ti ho votato - è fallito.

Lo hai detto, non è da tutti.

Continua a parlare, io ti leggerò, ti ascolterò, capisco che ho bisogno come l'aria di tutti quei ragionamenti e di quei "Io penso" in cui spesso mi riconosco. Ma sentirti parlare da uomo di partito anziché da uomo libero, ecco io quello proprio non lo sopporterei.

Non farlo. Anzi, non rifarlo.

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