giovedì 6 novembre 2014

ERMANNO GIA' LO FACEVA.

Poco tempo fa sono stato a un meeting in cui la parola storytelling sarà stata usata in due giorni almeno cento volte. Anche di più. Centocinquanta. Duecento. Trecento, forse. Da parte di tutti. Ed è una cosa curiosa perché sempre allo stesso tipo di riunione fino a poco tempo fa, fino a qualche anno fa, nessuno usava mai la parola "storytelling". Oggi sembra che il significato della parola "storytelling" lo sappiano tutti e che tutti lo sappiano fare, lo "storytelling", anche se a me non pare.

Storytelling non vuole dire raccontare delle storie. Che degli affari propri o della pubblicità, o dell'advertising camuffato alla gente, interessa poco o niente. Fare storytelling significa parlare attraverso il racconto, che è una cosa diversa. Significa fondare un universo narrativo e connettersi emotivamente con la propria audience rendendola partecipe del viaggio verso il nostro destino. O una cosa del genere.

Non è nemmeno una cosa tanto nuova tra l'altro, lo storytelling come tecnica di narrazione del proprio brand. Guardate qui, ad esempio. Questo è un piccolo cortometraggio-capolavoro di Ermanno Olmi che a cavallo tra gli anni '50 e '60 aveva realizzato per conto di Edisonvolta, l'azienda per cui lavorava come dipendente, dei piccoli cortometraggi sulla attività industriale della azienda, tra cui questo. Si intitola: "Il Pensionato". Opera d'arte.

Con l'intraprendenza e il metodo del bravo artigiano, senza nessuna esperienza specifica alle spalle, il giovane Ermanno Olmi (vi ho già detto che era di Bergamo? Nato alla Malpensata dove fanno il mercato tutti i lunedì) tra il 1953 e il 1961 realizzò decine di documentari raccontando storie di uomini che sono fondamentalmente - insieme al know-how- il patrimonio più grande su cui una azienda possa contare. Olmi raccolse, trattò e raccontò storie della azienda per cui sia lui che i protagonisti dei suoi film erano al lavoro. Si tratta di un concetto di avanguardia, prendere un dipendente e fargli raccontare la propria azienda attraverso le storie dei suoi uomini. E' il lavoro che tanti giovani oggi vorrebbero fare e che piace fare anche a me. Certe volte anche, capita che me lo fanno fare.

Tra l'altro nel rendere merito a Olmi credo anche si debba rendere merito alla sua azienda e al concetto pionieristico per l'epoca di "raccontare il proprio brand"- così si dice oggi. E già che ci siamo rendiamo merito anche a Feltrinelli, che ha recentemente pubblicato un dvd con alcuni di questi documentari di Ermanno Olmi.

Ho visto molti di questi cortometraggi di Olmi, affascinato dalla sua capacità di travasare le atmosfere e il reale nella narrazione cinematografica, con un uso coraggioso delle sequenze, dei personaggi e soprattutto dei silenzi. Ci vuole del carattere per raccontare delle storie partendo dai silenzi.

Silenzi e coraggio. Carattere. Pazienza. Tutte qualità che fanno parte del dna Orobico e che ho l'impressione ai giorni nostri, nello storytelling moderno, secondo alcuni esperti almeno, si faccia fatica a raccontare.

Olmi già lo faceva. Sessanta anni fa.

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